“Il decreto Salva infrazioni, che è stato da poco approvato al Senato e ora passa alla Camera, era l’occasione per sanare un vulnus che discrimina il settore della vendita diretta a domicilio e che vede la legislazione italiana in contrasto con la direttiva Ue Omnibus sul tema del diritto di recesso. Un’occasione che, ci spiace doverlo evidenziare, al momento non è stata colta”. Lo spiega in una nota Ciro Sinatra, presidente di Univendita, la maggiore associazione del comparto della vendita diretta a domicilio, aderente a Confcommercio.
“Durante la discussione a Palazzo Madama sono stati respinti emendamenti dell’opposizione che riproponevano il testo della direttiva (diritto di ripensamento da 14 a 30 giorni esteso solo ai contratti conclusi nel contesto di visite non richieste presso l’abitazione o escursioni organizzate soltanto in caso di pratiche commerciali o di vendita aggressive o ingannevoli), prosegue Sinatra. Mentre sul fronte della maggioranza è stato accolto esclusivamente un ordine del giorno del senatore Marco Scurria, che ringraziamo per la sua sensibilità, scaturito dal preventivo parere negativo del governo su un emendamento che avrebbe subito sciolto il nodo. Una bocciatura che ci sorprende, visto che lo stesso ministro Adolfo Urso ci aveva risposto che era addirittura possibile fare ricorso a un decreto correttivo”.
“Avevamo segnalato al ministero l’anomalia di una legislazione italiana sulla protezione dei consumatori che va in contrasto con il dettato Ue e avevamo apprezzato l’impegno di Urso all’ascolto e al confronto. Peccato che dai suoi uffici qualcuno ancora faccia resistenza su questa correzione dovuta, tradendo oltre che il dettato della direttiva anche gli indirizzi politici e finendo per penalizzare un comparto sempre più importante e vitale dell’economia italiana, che fattura quasi 4 miliardi e occupa oltre mezzo milione di persone. Una situazione inaccettabile – conclude il presidente di Univendita – per la quale stiamo valutando anche la possibilità di forme di mobilitazione e di protesta che siano ben visibili al ministero delle Imprese e del Made in Italy”.